Tregua a Gaza, è l'ora di intensificare gli aiuti

La Chiesa universale, e in essa la rete internazionale Caritas, insieme a diverse espressioni della società civile di tutto il mondo, lo chiedevano da tempo. Ora il cessate il fuoco nella Striscia di Gaza sembra cosa fatta: è la sospensione di una tragedia di proporzioni colossali, che ci si augura possa evolvere in accordi di pace duraturi, stabili, rispettosi del diritto alla sicurezza e alla sovranità sia del popolo israeliano che del popolo palestinese. Come hanno scritto gli Ordinari cattolici di Terra Santa, qualunque sarà il futuro, si tratta in ogni caso di «un passo necessario per fermare la distruzione e soddisfare i bisogni umanitari urgenti di innumerevoli famiglie colpite dal conflitto».
 
La guerra tra Israele e Hamas (estesasi anche ad altri attori) in 15 mesi ha avuto un impatto devastante sulle vite di milioni di persone, da Gaza alla Cisgiordania fino al Libano. Tragica la conta delle vittime: circa 1.500 i morti in Israele, quasi 47 mila i morti palestinesi nella Striscia e più di 800 in Cisgiordania, oltre 3 mila in Libano. A Gaza ci sono inoltre più di 110 mila feriti e 1,9 milioni di sfollati, mentre l’80% delle case sono andate distrutte.
 
Dall’inizio del conflitto, dopo il 7 ottobre 2023, Caritas Gerusalemme, supportata dalla rete Caritas internazionale, ha operato per portare aiuti umanitari d’urgenza e assistenza sanitaria. Caritas Ambrosiana ha dato il proprio contributo a questo sforzo (nel 2024, inviando 445 mila euro), grazie ai proventi della raccolta fondi avviata sin dall’inizio delle ostilità e oggi ancora attiva, dopo aver coinvolto quasi 5 mila donatori singoli.

 
L’azione di Caritas Gerusalemme ha raggiunto l’anno scorso più di 50 mila beneficiari. Lo sforzo principale è stato profuso da 17 team medici, operanti in 9 punti di assistenza sanitaria a Gaza city, Nuseirat, Deir Elbalah e Khan Younis; assistenza medica è stata fornita anche alle comunità di diverse località della Cisgiordania. In totale, sono stati svolti più di 80 mila consulti sanitari di primo livello. In Cisgiordania è stato riqualificato, a Taybeh, il “Caritas Medical Center”, una clinica che offre servizi medici di base a chi non può permettersi cure mediche private; anche a Gaza City era prevista la ristrutturazione della clinica Caritas creata nel 2014 e gravemente danneggiata dalla guerra, ma le condizioni di sicurezza nella Striscia non hanno finora permesso di effettuare l’intervento. Infine, sempre sul fronte sanitario, nella seconda parte dell’estate 4 mila bambini palestinesi hanno ricevuto, nella Striscia, la vaccinazione antipoliomielite dagli operatori Caritas.


 
Gli aiuti non si sono limitati all’ambito sanitario. Ogni mese Caritas Gerusalemme ha distribuito a Gaza pacchi con cibo, vestiti e coperte a più di 10mila famiglie, e a molti nuclei è stato assicurato anche un sostegno economico diretto attraverso carte prepagate o bonifici bancari. Inoltre più di 1.700 persone, a Gaza e in Cisgiordania, hanno ricevuto assistenza psicologica professionale per affrontare i traumi dovuti al conflitto e all’estrema precarietà delle condizioni di vita in guerra.
 
Caritas Ambrosiana, inoltre, ha sostenuto i progetti di pace e riconciliazione delle organizzazioni israeliane Friendship Village e Neve Shalom – Wahat al-Salam, orientati a favorire il dialogo e la conoscenza reciproca, in Israele, tra studenti ebrei e palestinesi. 
 

Gli obiettivi 2025
Ora il cessate il fuoco apre nuove prospettive di azione umanitaria, più solida e stabile. Caritas Gerusalemme ha già pronto un progetto per il 2025, del valore di 5 milioni di euro, con l’obiettivo di aiutare più di 40 mila personeCaritas Ambrosiana sarà coinvolta in questa iniziativa e in altre che potranno essere messe in cantiere, ed è pronta a stanziare in proposito nuove somme. In particolare, si annuncia l’ulteriore rafforzamento degli interventi sanitari, dell’assistenza psicologica e dell’aiuto economico alle famiglie più vulnerabili. Ma soprattutto verrà dato impulso alla costruzione, a Gaza, di un centro di preparazione di protesi e di riabilitazione per i tantissimi (bambini, giovani, adulti, anziani) che hanno perso arti o hanno subito menomazioni a causa del conflitto.
 
Caritas Ambrosiana, però, non limita il suo contributo alla costruzione della pace in Terra Santa al pur indispensabile supporto umanitario e sanitario. Ritiene infatti che sia fondamentale sostenere iniziative di dialogo e riconciliazione, per cercare di porre le basi, spirituali, emotive e culturali, di un futuro di condivisione tra popoli, comunità e individui. Per questo, oltre a continuare la collaborazione con organizzazioni locali, ha stanziato un contributo anche a favore del progetto PeaceMed, condotto da Caritas Italiana, finanziato dal Ministero degli Affari esteri italiano e finalizzato a coinvolgere giovani appartenenti a comunità che si affacciano sul mar Mediterraneo in percorsi di formazione alla pace e alla riconciliazione.
  
Nuovo inizio, si investe in speranza
«Il cessate il fuoco non è solo la fine di una fase sanguinosa – ha scritto Anton Asfar, segretario generale di Caritas Gerusalemme, in un messaggio pubblicato ieri –, ma un’opportunità di salvare vite e ristabilire la dignità di persone e comunità, schiacciata sotto gli orrori della guerra. Caritas Gerusalemme vede questo giorno come un nuovo inizio, ma sa che la strada per raggiungere una pace reale e duratura è lunga».
 
«Con le nostre forze limitate, ma con tutta la nostra convinzione – gli fa eco Luciano Gualzetti, direttore di Caritas Ambrosiana –, continueremo a supportare l’operato di chi sceglie, nei conflitti, la causa delle vittime innocenti, dei soggetti più vulnerabili, degli ostinati seminatori di dialogo, ricercatori di giustizia e costruttori di pace. Vale per Gaza, per l’intera Terra Santa, per i vicini Libano e Siria, per le comunità travolte dalle guerre in Ucraina e Sudan: tutti contesti bellici e post-bellici, e non sono i soli, in cui anche nel 2025 continueremo a impegnare risorse economiche, umane e formative. Nello spirito del Giubileo, che ci esorta a investire in speranza, anche là dove sembra dominare la disumanità».

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