Sudan: due anni di guerra civile


Sono ormai trascorsi 2 anni dal 15 aprile 2023, quando la guerra civile in Sudan dava inizio alla peggiore crisi umanitaria in corso sul pianeta.
Una guerra dimenticata, che non ha mai fatto notizia e che continua ad uccidere, affamare e distruggere. Le vittime ufficiali registrate sono 25.000, ma stime attendibili indicano tra i 60 e i 150 mila morti.

Gli scontri armati hanno distrutto infrastrutture idriche ed elettriche, scuole ed ospedali. Sono 11.3 milioni gli sfollati interni.
La guerra sta affamando il Paese, con la più grave crisi alimentare al mondo: 24 milioni di persone soffrono ogni giorno la fame e di questi 8 milioni sono in gravi condizioni. A peggiorare la situazione, la crisi sanitaria: il 60% della popolazione non ha accesso a cure mediche e malattie come colera, malaria e dengue dilagano.
Questa guerra interna che sta facendo a pezzi il Sudan ha anche portato alla fuga dal Paese di oltre 3.9 milioni di persone che hanno cercato rifugio nei Paesi vicini, soprattutto in Egitto, Ciad, Sud Sudan, Etiopia, Repubblica Centrafricana e Libia.
In contesti così difficili le Chiese locali giocano un ruolo fondamentale per il sostegno alle persone e, anche in questo caso, il network Caritas non si è voltato dall’altra parte.


L’INTERVENTO DI CARITAS AMBROSIANA

Nell'Est del Ciad, al confine col Sudan ferito, migliaia di persone hanno cercato rifugio, trovando accoglienza presso le comunità locali. In questo contesto complesso, la rete Caritas, attraverso la collaborazione tra Caritas Ambrosiana che sostiene l'iniziativa e Caritas Mongo che la realizza sul campo, è impegnata a costruire percorsi di resilienza, passando dall'assistenza umanitaria iniziale a progetti che promuovono l'autonomia e la dignità. Uno degli esempi più concreti è il progetto "Orti per le Donne Rifugiate 2024-25".

Questa iniziativa racconta una storia di collaborazione e rinascita. Le protagoniste sono le donne rifugiate, provenienti dal Sudan, che hanno lasciato tutto alle spalle, e le donne delle comunità locali che hanno cominciato a lavorare fianco a fianco, coltivando la terra. Il loro non è solo un impegno per produrre cibo essenziale, ma anche un modo per tessere nuovi e forti legami sociali, ricostruendo fiducia reciproca e nel futuro. L'entusiasmo generato è stato palpabile fin dall'inizio: nei primi sei mesi di attività, tra l'autunno 2024 e l'inverno 2025, si sono formati spontaneamente ben 45 gruppi di lavoro femminile, superando le previsioni iniziali e dimostrando un profondo desiderio di partecipazione attiva.



Per trasformare questo desiderio in realtà concreta, Caritas ha fornito il supporto necessario. Sono state distribuite sementi migliorate di ortaggi adatti al clima locale, come cipolle, pomodori, il nutriente gombo e angurie, che hanno presto iniziato a colorare gli appezzamenti. Ogni gruppo ha ricevuto attrezzi agricoli essenziali – zappe, pale, secchi – raccolti in 35 kit completi, oltre a motopompe per l'acqua e reti per proteggere i raccolti. L'acqua è vita, specialmente qui: per questo, un passo fondamentale è stato realizzare 20 nuovi pozzi, dotandoli di sistemi di irrigazione semplici ma efficaci, cruciali per garantire la continuità delle coltivazioni. Per difendere il prezioso lavoro delle donne, quasi 3 ettari di orti comunitari sono stati inoltre recintati.

Ma il progetto guarda anche alla sostenibilità e al futuro dell'ambiente. Sono stati piantati oltre 5.000 alberi, scegliendo specie significative come la Moringa, un vero "superfood" locale dalle straordinarie proprietà nutritive, fondamentale per arricchire la dieta e contrastare la malnutrizione, accanto ad altre piante utili come l'Acacia. È stato avviato anche un vivaio, una piccola "fabbrica" di alberi che garantirà nuove piantumazioni negli anni a venire. Naturalmente, la tecnica da sola non basta: la formazione è un pilastro del progetto. Quasi 400 donne hanno partecipato a incontri per apprendere pratiche agricole più efficaci e sostenibili, scoprendo anche come l'orto possa diventare una piccola, ma vitale, fonte di reddito per le necessità familiari. In questo percorso, sono costantemente accompagnate dai facilitatori esperti di Caritas Mongo.



I risultati di questo impegno collettivo sono già visibili e ci confermano che siamo sulla strada giusta. Laddove il progetto è attivo, si registra una diminuzione stimata del 40% dei casi di malnutrizione, un dato impressionante che testimonia l'impatto diretto sulla salute delle famiglie grazie a una dieta più ricca e varia. Le donne, inoltre, riescono spesso a vendere piccole quantità dei loro prodotti al mercato locale. Questo piccolo guadagno è un passo enorme verso l'indipendenza economica, riducendo la dipendenza dagli aiuti esterni e rafforzando l'autostima. Vedere donne rifugiate e locali collaborare spalla a spalla è anche un potente motore di coesione sociale per l'intera comunità. Ma forse il frutto più prezioso è la dignità che vediamo rifiorire sui volti di queste donne, ora più consapevoli delle proprie capacità e del proprio valore.



Le sfide, certo, non mancano: la richiesta di partecipare è molto alta e richiede un'attenta gestione delle risorse; talvolta la burocrazia per ottenere l'uso dei terreni o gli imprevisti legati al clima possono presentare ostacoli. Ma la determinazione delle donne e il supporto costante di Caritas permettono di proseguire con fiducia. L'impegno continua con la formazione, la distribuzione di risorse e l'espansione dei sistemi idrici.
Il progetto "Orti per le Donne Rifugiate" è un esempio concreto di come interventi mirati, che mettono al centro la persona, la comunità e la cura della casa comune, possano generare un impatto profondo e duraturo. Caritas Ambrosiana continuerà ancora a supportare questo progetto e nel prossimo periodo si concentrerà maggiormente sul sostegno allo scavo di nuovi pozzi, elemento indispensabile per tutta l’area.
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