Una profezia di nome Caritas
Con gli auguri per un po’ di vacanza capace di ritemprarci e ricaricare le nostre batterie fisiche e spirituali, ci diamo l’appuntamento per il primo incontro del prossimo anno pastorale, il Convegno di Triuggio destinato ai responsabili decanali Caritas e ai loro stretti collaboratori. Avrà per titolo “Una profezia di nome caritas” e sarà il primo modo di declinare il tema dell’anno: “Potente in opere e in parole” (Lc 24, 19). È quanto dicono i due di Emmaus per descrivere Gesù al misterioso viandante che si affianca loro il pomeriggio del giorno di Pasqua. “Profeta potente in opere e in parole” è binomio che parla di Gesù, del suo modo di vivere la missione che il Padre gli affida. È da questo abbinamento tra opere e parole che all’insegnamento di Gesù viene riconosciuta una particolare efficacia, tanto che la chiusura del Discorso della Montagna suona così: “le folle erano stupite del suo insegnamento: egli infatti insegnava loro come uno che ha autorità, e non come i loro scribi” (Mt 7, 28s). La sua era una parola efficace, in grado di operare ciò che proclamava, dotata della stessa forza di quella parola attraverso cui Dio crea il mondo (“e Dio disse ... e così avvenne”). Certo, questo binomio “opere e parole” si realizza pienamente solo in Gesù, ma non c’è dubbio che la Chiesa è chiamata a favorire il più possibile tale armonica circolarità nella sua missione. Solo le parole che si appoggiano su opere autentiche diventano credibili e autorevoli. Le opere stesse che la Chiesa è chiamata a compiere diventano vere a condizione che in esse rifulga – per quanto possibile – la Parola di Gesù.
Come Caritas ci sentiamo di dover un po’ prolungare questa “profezia” che fu di Gesù, che fu Gesù stesso con la sua umanità. Una “profezia” che si coniughi con una dimensione “istituzionale” dal momento che Caritas, non lo dimentichiamo, è l’ “organismo pastorale” di base che la Chiesa italiana ha individuato per educare alla carità attraverso un certo modo di organizzare la carità, non a partire dall’intuizione per quanto geniale di un capo carismatico, ma in obbedienza a quanto lo Spirito ha suggerito alla Chiesa tutta in quello straordinario evento sinodale che fu il Concilio.
Dunque, è di questo che vorremmo riflettere il prossimo anno, a partire dal Convegno di Triuggio: di come Caritas negli anni è stata capace di essere “profezia”, eco della Parola di Gesù che non solo aiutava a leggere i bisogni, ma addirittura suscitava quella che Papa Giovanni Paolo II definì la “fantasia della carità”. Non certo per decorare, arredare il dibattito civile ed ecclesiale. Ha senso rileggere la profezia della carità per essere aiutati a porre questioni esistenziali e politiche decisive: perché dedicare tante risorse ai bisognosi? perché far sorgere opere così impegnative anche dal punto di vista economico? perché rilevare senza sosta le necessità di tanti infelici, anche le più tacite e nascoste?
Il tutto senza mai dimenticare che questa “profezia” per la Chiesa, per la Caritas si attua dentro una organizzazione, una precisa maniera di operare, appunto una “istituzione” senza la quale la “profezia” rischia di essere come l’acqua di un fiume senza argini. Insieme, una “istituzione” che se smette di essere animata dalla Parola di Gesù diventa una struttura magari efficiente, ma sostanzialmente sterile, una “triste ong” per usare le parole di Papa Francesco.
Riflettere su “Una profezia di nome Caritas” significa porre l’accento sulla scelta della Chiesa italiana che con la Caritas attua un’impegnativa “quadratura del cerchio”. Quella di realizzare una dimensione organizzativa/operativa (istituzionale), ma con l’obiettivo di sostenere una crescita spirituale/ascetica (profetica) di tutta la comunità cristiana e di ogni credente (e non solo degli operatori o dei volontari). Insieme, viene perseguito l’obiettivo di offrire una testimonianza di ciò cui conduce la vita cristiana quando è animata da un autentico ascolto della Parola e una vera celebrazione dei Misteri di Gesù. Secondo Papa Francesco il lavoro di una Caritas deve rivestire “una doppia dimensione”: di “azione sociale nel significato più ampio del termine” ed una “dimensione mistica, cioè a dire posta nel cuore della Chiesa” (Udienza alla Caritas Internationalis, 16 maggio 2013).
Don Roberto Davanzo