Raccontare la carità per favorire cambiamenti

Potente in opere e parole

Suona così il sottotitolo con cui intendiamo commentare lo slogan “Potente in opere e parole” (Lc 24,19) che campeggia sulla locandina preparata in occasione della Giornata Diocesana Caritas 2013. A dire che la carità non basta farla, bisogna anche dirla. Che il bene – affinché diventi contagioso e generi emulazione – bisogna saperlo narrare. Non certo per gusto di ostentazione o esibizionismo narcisistico. Bensì per rispondere a quella “prevalente funzione pedagogica” che lo statuto, fin dai tempi di Paolo VI, ci attribuisce.

Tutti intuiamo come dietro a queste considerazioni non ci siano solo strategie di sapore un po’ imprenditoriale che portano ad affermare che “la pubblicità è l’anima del commercio”. Il motivo ispiratore è ben più solido dal momento che si fonda su quello che è stato lo stile di Gesù, il suo modo di essere “profeta - appunto - potente in opere e parole”, come dissero i due di Emmaus al misterioso compagno di cammino, in quel pomeriggio del giorno di Pasqua.
Gesù non si era accontentato solo di “parlare”: la sua Parola, in quanto Parola di Dio, era parola creatrice, efficace, non chiacchiera, vaniloquio. Ma se ci pensiamo bene, non si era accontentato neppure di “operare” e basta: i miracoli, i gesti straordinari ci sono sempre stati nelle grandi esperienze religiose. Bisognava che le sue “opere” fossero accompagnate da una parola che le illuminasse, che le liberasse da qualsiasi ambiguità.

Ecco allora perché la Chiesa e dunque la Caritas, deve esercitare la sua profezia in “parole e opere”, convinta che è da questo sapiente mix che può scaturire in chi è destinatario dei nostri servizi, ma soprattutto in coloro che ci guardano e ci ascoltano, la voglia di cambiare, la voglia di trasformare le proprie relazioni, la voglia di rendere ogni ambito di convivenza umana un luogo di esercizio della carità.
Ma tutto questo non basta. C’è infatti una stretta relazione tra il raccontare e il comunicare la fede, o l’ “evangelizzare” se preferiamo. Nella Bibbia la struttura narrativa è fondamentale. La comunità dei credenti si forma attorno ad una memoria co­mune: il racconto delle meraviglie di Dio in mezzo agli uomini. Gli stessi 10 comandamenti si aprono con una necessaria precisazione: “Io sono il Signore, tuo Dio, che ti ho fatto uscire dalla terra d’Egitto, dalla condizione servile” (Es 20,2), così come il “credo” non era mai un elenco di concetti astratti, ma l’elencazione di una serie di eventi, di fatti. Dio lo si poteva conoscere solo a partire dal racconto della storia fatta con l’uomo. La festa più importante, la Pasqua, altro non era che un lungo racconto dei gesti di liberazione che Dio aveva compiuto a favore del suo popolo.

Si raccontava non semplicemente per ripetere una storia, ma per entrare e partecipare a quella storia. La narrazione allora è comunicazione che diventa comunione: ciò che viene comunicato riguarda la vita concreta del nar­ratore che la testimonia e quella degli ascoltatori che ne devono rimanere commossi, coinvolti, cambiati. Qualcuno ha scritto che “il discorso spiega, la legge dà ordini, il racconto converte”.
Ricordate l’episodio raccontato in 2 Sam 11-12 che vede il re Davide macchiarsi del peccato di adulterio con Betsabea e di omicidio nei confronti del generale Uria, marito della donna. Solo l’intervento del profeta Natan riuscirà a mettere Davide davanti alle sue responsabilità. Non con una denuncia esplicita e diretta della sua malvagità, ma attraverso un racconto, una parabola (vedi sotto) in cui Davide si coinvolgerà senza rendersene conto e che alla fine lo renderà disponibile alla ammissione della sua colpa.

Torniamo a noi e alla missione di Caritas. Non ci è chiesto di fronteggiare, nè di sconfiggere le innumerevoli forme di povertà. Ci è chiesto, questo sì, di generare cambiamenti in noi e nel cuore di quanti con noi entrano in contatto.
Per farlo è necessario sviluppare insieme una raffinata capacità operativa ed una altrettanto abilità narrativa che smuova le coscienze, che tocchi i cuori, che faccia venire la voglia di cambiare.
 
Don Roberto Davanzo
 

Dal secondo libro di Samuele (12,-13)
 
1Il Signore mandò il profeta Natan a Davide, e Natan andò da lui e gli disse: «Due uomini erano nella stessa città, uno ricco e l’altro povero. 2Il ricco aveva bestiame minuto e grosso in gran numero, 3mentre il povero non aveva nulla, se non una sola pecorella piccina, che egli aveva comprato. Essa era vissuta e cresciuta insieme con lui e con i figli, mangiando del suo pane, bevendo alla sua coppa e dormendo sul suo seno. Era per lui come una figlia. 4Un viandante arrivò dall’uomo ricco e questi, evitando di prendere dal suo bestiame minuto e grosso quanto era da servire al viaggiatore che era venuto da lui, prese la pecorella di quell’uomo povero e la servì all’uomo che era venuto da lui».
5Davide si adirò contro quell’uomo e disse a Natan: «Per la vita del Signore, chi ha fatto questo è degno di morte. 6Pagherà quattro volte il valore della pecora, per aver fatto una tal cosa e non averla evitata». 7Allora Natan disse a Davide: «Tu sei quell’uomo! Così dice il Signore, Dio d’Israele: “Io ti ho unto re d’Israele e ti ho liberato dalle mani di Saul, 8ti ho dato la casa del tuo padrone e ho messo nelle tue braccia le donne del tuo padrone, ti ho dato la casa d’Israele e di Giuda e, se questo fosse troppo poco, io vi aggiungerei anche altro. 9Perché dunque hai disprezzato la parola del Signore, facendo ciò che è male ai suoi occhi? Tu hai colpito di spada Uria l’Ittita, hai preso in moglie la moglie sua e lo hai ucciso con la spada degli Ammoniti. 10Ebbene, la spada non si allontanerà mai dalla tua casa, poiché tu mi hai disprezzato e hai preso in moglie la moglie di Uria l’Ittita”. 11Così dice il Signore: “Ecco, io sto per suscitare contro di te il male dalla tua stessa casa; prenderò le tue mogli sotto i tuoi occhi per darle a un altro, che giacerà con loro alla luce di questo sole. 12Poiché tu l’hai fatto in segreto, ma io farò questo davanti a tutto Israele e alla luce del sole”».
13Allora Davide disse a Natan: «Ho peccato contro il Signore!».

Leggi tutto l'inserto di "Farsi Prossimo" di Novembre de "Il Segno"

La pagina dedicata agli editoriali del "Farsi Prossimo" si trova qui.


 

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