Ai volontari e agli operatori della Caritas Ambrosiana che lo scorso 9 novembre si sono riuniti a convegno, il professore Roberto Buizza, un fisico che per anni ha diretto in Inghilterra il centro di ricerche dell’istituto meteorologico europeo, ha spiegato che l’Italia è un hotspot climatico. Lo scienziato, che oggi è tornato a vivere in Italia e insegna nella prestigiosa “Scuola superiore di studi universitari e di perfezionamento Sant’Anna di Pisa”, ha chiarito che l’innalzamento medio delle temperature - previsto di circa 2 gradi centigradi entro il prossimo futuro se continueremo a disperdere nell’atmosfera la stessa quantità di gas serra - è appunto un valore medio calcolato tenendo conto dell’incremento globale. In alcune regioni, quindi, il surriscaldamento della terra potrebbe essere maggiore. Il mediterraneo, e il nostro Paese che del mare nostrum è il centro, è una di queste. Nelle previsioni più drastiche, ci ha fatto sapere Buizza, l’aumento delle temperature potrebbe sfiorare nel giro di qualche decennio i 10 gradi. L’innalzamento dei mari, considerato uno degli effetti del cambiamento climatico, avrebbe quindi proprio nel Bel Paese con suoi 7600 chilometri di sviluppo costiero, conseguenze particolarmente gravi.
Pochi giorni dopo le parole del professore sono diventate di tragica attualità. Nella notte tra il 12 e il 13 novembre l’acqua alta ha sommerso Venezia. Nella furia delle polemiche che ne è seguita il sindaco della città, Luigi Brugnaro, ha dichiarato che l’improvvisa marea che ha colto di sorpresa gli abitanti della laguna «è il sintomo emblematico degli effetti climatici». A prescindere dalle ragioni che hanno spinto il primo cittadino ad additare nel clima le cause di questo disastro, ormai la realtà dei fatti impone una presa di coscienza collettiva.
Nella stessa giornata in cui Venezia finiva sotto l’acqua, il centro di Matera veniva sommerso da un fiume di fango provocato da un temporale di intensità inaudita e una tromba d’aria si abbatteva sulle coste di Porto Cesareo.
Fatti casuali? Se i modelli previsionali dei fisici vi paiono troppo eterei, la cronaca un criterio troppo evenemenziale, vi può venire in soccorso la statistica. Mettendo in fila i dati dell’European severe weather database, come ha fatto recentemente su Internazionale, Stefano Liberti, si ha un quadro a tinte fosche del cielo sopra l’Italia. Nel Paese del sole dall’inizio del 2019 si sono verificati 1.543 eventi estremi, nel 2009 sono stati 213, mentre nel 1999 furono 17.
Una progressione impressionante.
Ormai quattro anni fa, con l’enciclica “Laudato si’” papa Francesco ci invitava profeticamente a riconoscere nel grido della terra ferita, quello dei poveri. Proprio oggi che purtroppo misuriamo gli effetti del cambiamento climatico nelle nostre città, dobbiamo riconoscere quanto lungo è lo sguardo di questo pontefice e quanto, ancora una volta, sia promettente la prospettiva che ci indica: la difesa degli ultimi è la difesa dei primi. Perché con buona pace dei sovranisti, compresi quelli di casa nostra, nessuno viene prima di qualcun altro: siamo legati gli uni agli altri dallo stesso destino, perché siamo tutti figli di Dio e condividiamo la stessa, unica terra.
Luciano Gualzetti
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