Parlare di casa è parlare di noi, di ognuno di noi, della nostra vita nei suoi aspetti più personali ed intimi. Parlare di casa per le persone con disabilità è complicato dalla fatica di abitare un corpo ed una mente a volte difficile persino per sé e dalla fatica di un abitare sempre condiviso con qualcuno che non sempre si può scegliere.
Nel difficile cammino della crescita e dell’autonomia del figlio disabile non sempre si arriva a pensare ed attuare un’esperienza di vita autonoma. La dimensione della vita autonoma non è un passaggio scontato, è un percorso che si prepara partendo dai primi anni di vita in cui la famiglia, pur assorbita dai mille impegni legati alla cura pratica del figlio, deve però avere come obiettivo finale la sua piena realizzazione.
Ma non è solo la famiglia a doversi preparare nel porre la basi per la realizzazione di questa autonomia, deve essere un obiettivo condiviso dalle istituzioni, dalla società civile e dalla comunità locale.
L’abitare della persona disabile deve essere pensato e progettato come si fa con un abito su misura, modellato sulle esigenze della persona, sui suoi bisogni ed anche sui suoi gusti. L’uscita dal nucleo familiare d’origine ha bisogno di un progetto che tenga conto di lavoro o occupazione diurna, tempo libero, vita di relazione ed anche, non meno importante, tenere conto del fatto che, con l’uscita da casa, spesso si comincia una convivenza con persone del tutto estranee, tra le quali è bene valutare la compatibilità.
Per questo è necessario tenere conto, anche per l’aspetto residenziale, non solo delle più visibili, oggettive ed ovvie necessità, ma anche del corredo di abitudini, di consuetudini, di desideri che la persona esprime in modo consapevole, dichiarato e chiaro o attraverso modi di comunicazione a lei congeniali.
Diventa allora importante attuare un sistema di servizi e di forme di prossimità basato su un cambio di prospettiva che porti a privilegiare legami affettivi solidi e responsabili, generatori di risposte concrete.
La comunità cristiana può favorire queste forme di convivenza attuando iniziative che aiutino le persone e le famiglie ad entrare in relazione tra di loro e con il contesto in cui vivono, facendosi promotrice di spazi e percorsi di integrazione e di novità, valorizzando le risorse presenti nelle persone che abitano il territorio.
La parrocchia rappresenta un punto di riferimento importante per le famiglie, in grado di fare sentire le persone con disabilità accolte e partecipi della vita della comunità cristiana, valorizzandole in quanto portatrici di risorse e non solo destinatari di servizi. L’essere in prima linea nel mettere a disposizione di spazi per l’accoglienza rappresenta un’occasione per la parrocchia, che in questo modo si rende protagonista di un’azione di accoglienza e di inclusione, rendendo le persone disabili una ricchezza per la comunità.
Proprio la rete costituita da parrocchie, famiglie, associazioni ed enti gestori rappresenta il valore aggiunto per garantire la sostenibilità nel tempo del progetto abitativo personalizzato, inserito nella comunità ed integrato nel territorio.
Luciano Gualzetti
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