Regala il cibo che butteresti via. Con la legge sulle eccedenze alimentari, l’Italia ha aggiunto un nuovo comandamento al suo codice etico. Il provvedimento, noto anche come legge Gadda, dal nome della deputata che ne è stata la relatrice, non cura la malattia - non agisce sulle cause alla base delle disfunzioni del sistema di produzione e distribuzione alimentare - ma, più pragmaticamente, cerca di ridurre il danno: favorisce le donazioni di cibo buono ma ritirato dalla vendita per ragioni commerciali o organizzative (le cosiddette eccedenze) e facilita la loro ridistribuzione agli indigenti, attraverso le organizzazioni non profit. A quasi un anno dal varo della legge (pubblicata in Gazzetta il 30 agosto 2016), molti sono stati i benefici, ma possiamo fare ancora di più.
Grazie alla normativa, Caritas Ambrosiana ha visto significativamente aumentare le donazioni da parte delle aziende. Per cui oggi siamo in grado di raccogliere e offrire alle persone svantaggiate 1.600 tonnellate di generi alimentari all’anno.
Inoltre ai Mercati Generali di Milano recuperiamo frutta e verdura, i generi più facilmente deperibili.
Le donazioni ci hanno consentito di liberare delle risorse economiche, perché non dobbiamo acquistare più il cibo da offrire alle persone in difficoltà. Tuttavia abbiamo dovuto impiegarne altre per creare la rete che oggi ci consente di raccoglierle e distribuirle.
Proprio quello che accade ai Mercati Generali, che rappresenta la punta più avanzata del nostro sistema, offre l’esempio più calzante per indicare quali possono essere i margini di miglioramento della normativa.
Ogni mattina, un nostro addetto fa il giro tra i grossisti per ricevere la merce invenduta. Attorno alle 10 riempie la piazzola messaci a disposizione da Sogemi, la società che gestisce il sito. Da lì un altro addetto di un’impresa sociale nostra partner parte con il carico. Nel laboratorio dell’impresa altre persone trasformano i prodotti attraverso un processo che prevede: cottura, abbattimento rapido di temperatura, congelamento. Il risultato sono barattoli di confettura e buste da un chilo di verdure a pezzi surgelate.
Questo sistema allunga la vita di prodotti freschi che verrebbero buttati, genera lavoro per soggetti deboli, permette a persone gravemente emarginate di arricchire la propria dieta.
Questo sistema tanto virtuoso ha però un difetto: costa.
Nella situazione attuale, la normativa non riconosce tali costi per cui è molto difficile tenere in equilibrio economico attività come questa che pure producono innegabili vantaggi.
Le soluzioni possono essere molteplici. Innanzitutto andrebbero messi a disposizione degli enti non profit fondi per rientrare dai necessari investimenti organizzativi e tecnologici, come la legge promette di fare. Ma si può andare oltre. Si possono prevedere sgravi fiscali per gli enti non profit che trasformano le eccedenze, così come li si è concessi alle aziende che le donano. Oppure si può addirittura osare di più: permettere alle cooperative sociali impegnate nel sistema di raccolta di proporre sul mercato il frutto del loro lavoro.
Ad un anno dal varo della legge, non sarebbe una cattiva idea metterla a punto.
Luciano Gualzetti
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