Vinci l’indifferenza e conquista la pace
La giornata e il mese della pace quest’anno accadono in un tempo drammatico, nel pieno di una “guerra combattuta a pezzi” e che ha avuto nei recenti episodi di follia terroristica soltanto alcuni, e nemmeno tra i più cruenti, eventi. Certo, tra i più enfatizzati, dal momento che sono accaduti in casa nostra, propiziati da ragazzi cresciuti con i nostri. Ma questa guerra era già in corso e ci faceva comodo non volerla vedere, illusi che non ci avrebbe toccato più di tanto. E così abbiamo continuato a frequentare bistrot e teatri, ristoranti e stadi come cantava Gaber negli anni 70 “e l’Italia giocava alle carte e parlava di calcio nei bar...”. Distaccati e indifferenti a ciò che accadeva nel mondo.
Con straordinaria intuizione profetica papa Francesco, già dallo scorso mese di agosto aveva scelto il tema e il titolo della giornata della pace di questo 2016: “Vinci l’indifferenza e conquista la pace”. A dire che la condizione prima perché ci si incammini in un processo di pace è proprio quella di smettere di vivere nella incoscienza, nella superficiale banalità, nell’indifferenza. Il mondo è attraversato da tensioni tremende e da squilibri inaccettabili e continuare a far finta di niente significa porre le premesse perché da queste tensioni e da questi squilibri si continuino a generare i mostri dell’odio e del risentimento, straordinario brodo di coltura di un terrorismo distruttivo e autodistruttivo. Ma come è possibile – si chiedeva il cardinale Scola in una omelia di Avvento – che a questi giovani cresciuti nei nostri Paesi non siamo riusciti a comunicare ideali belli e positivi lasciando che si potessero contagiare da ideologie folli e senza futuro?
Nei giorni successivi agli attentati di Parigi con orgoglio caparbio i leader europei ripetevano che il terrorismo non riuscirà a farci cambiare stile di vita. Qualcuno scriveva con forza “non avrete il mio odio”. Giusto. Insieme però da questi drammi dobbiamo uscire più pensosi, più consapevoli, meno indifferenti. Meno disposti a lasciare ai nostri politici carta bianca rispetto alle scelte in ambito internazionale, dunque più desiderosi di informazione e partecipazione. Meno indifferenti significa anche più coscienti che non ci è lecito gridare contro il terrorismo senza insieme denunciare lo scandalo di un mercato delle armi che ci torna utile dal punto di vista del PIL, ma che poi paghiamo con gli interessi dal punto di vista della sicurezza. Meno indifferenti significa anche disponibili a cambiare qualcosa delle nostre abitudini per consentire un più equo sviluppo economico e democratico dei Paesi da cui proviene il terrorismo. Meno indifferenti significa anche geniali e creativi nell’immaginare modelli di integrazione grazie ai quali evitare le esplosioni terroristiche che i modelli francesi, anglosassoni e tedeschi non sono riusciti a prevenire.
Alla fine dello scorso mese di novembre diverse città italiane (Rozzano, Sassari, Monza) furono al centro di infiammate polemiche a proposito della opportunità o meno di organizzare all’interno di strutture scolastiche concerti natalizi, momenti di riflessione, visite del Vescovo locale. Senza ovviamente entrare nello specifico di ogni caso, mi sentirei però di formulare questo giudizio: non hanno dimostrato certamente genialità e creatività quanti si sono opposti a quelle manifestazioni in nome di una laicità che spesso sconfinava in un laicismo viscerale e incattivito. Ma hanno remato contro ogni intelligente ricerca di un modello di integrazione quei politici sedicenti cattolici che non hanno perso l’occasione per organizzare stucchevoli e talvolta disgustose manifestazioni in nome di una identità cristiana sbandierata troppo palesemente a scopi elettoralistici.
Vincere l’indifferenza per conquistare la pace significherà imparare la fatica della ragionevolezza, dei toni pacati e mai gridati, di una mitezza che in certi ambiti della politica italiana pare totalmente dimenticata.
Don Roberto Davanzo