
Che sorpresa!
Oltre al Cardinale che mi ha dato fiducia, devo ringraziare don Roberto!
Per il suo stile! Uno stile sereno che dà serenità. Eppure non sono mancate in questi undici anni le sfide e le urgenze che hanno coinvolto un’organizzazione complessa come la Caritas Ambrosiana e le sue articolazioni pastorali territoriali e organizzative (fondazioni, cooperative, associazioni). È nota la sua frase mutuata dagli scout: ‘non c’è bello o cattivo tempo, ma buona o cattiva attrezzatura’. Che dice tanto di chi è consapevole dei limiti dell’organizzazione, ma tenta di trovare un modo condiviso, una soluzione.
Dobbiamo essere grati a don Roberto per il suo grande lavoro di animazione nel territorio. Salutandolo a tutti sono venute in mente due caratteristiche. Le immagini di don Roberto con la sua moto e quella in cammino per le montagne. Segno di un muoversi nelle parrocchie e nelle Caritas locali con leggerezza e agilità superando gli ostacoli, portando con sé l’essenziale Con determinazione è arrivato ad ogni angolo della diocesi per incoraggiare e portare la ‘linea’ della Caritas centrale. Linea che era sempre proposta con discrezione e rispetto dei cammini delle Caritas locali.
Don Roberto ha vissuto fino al suo termine il mandato di direttore della Caritas con grande umiltà. Spesso ci ricordava che non veniva da questo mondo. Dopo aver ereditato una Caritas guidata da don Colmegna, ‘gigante della carità’ come lo aveva definito al suo esordio, ha assunto la guida della Caritas con una capacità di coinvolgimento di tutti. E ha imparato in fretta. Ha imparato che la Caritas non è una ONG ma al servizio dell’animazione della comunità. Che la prevalente funzione pedagogica ha bisogno di gesti credibili che indicano ciò che sta a cuore alla chiesa promuovendo la pedagogia dei fatti. Che la carità deve essere ordinata, assumendosi la responsabilità del coordinamento nel dialogo con le molte realtà caritative della Diocesi. Che da soli non si va da nessuna parte. Che le istituzioni sono interlocutori essenziali per prevenire i bisogni e per prendersi cura del povero. Con loro ha dialogato e collaborato per stimolarne una responsabilità diretta.
Infine credo che un po’ del merito della mia nomina sia di don Roberto. Se sono ‘cresciuto’ è grazie alla fiducia che ha sempre avuto in me. Insieme abbiamo condotto e condiviso le sfide che la Caritas Ambrosiana ha dovuto affrontare in questi anni.
E insieme a lui e devo ringraziare anche tutti i colleghi della sede centrale e voi delle Caritas del territorio, dei Centri d’ascolto, dei servizi, del Fondo Famiglia Lavoro, delle cooperative e delle fondazioni. Tutti ci abbiamo messo passione, tempo, competenza per ascoltare i poveri e offrire occasioni di dignità e liberazione.
Perché la Caritas rappresenti la carezza della Chiesa ai poveri, come ci indica Papa Francesco, ogni Caritas deve essere ancorata alla comunità. Deve tessere legami tra le persone, le famiglie, i quartieri delle nostre città e paesi nello stile della misericordia. Promuovere relazioni di pace e di giustizia, non solo tra le persone ma anche nei rapporti economici e politici.
In questo tempo drammatico di tensioni, conflitti e costruzione di muri siamo tutti consapevoli che la sfida di cambiare la mentalità delle comunità cristiane e incidere sui cambiamenti epocali secondo il pensiero di Cristo, come ci chiede il nostro Cardinale Scola, è la priorità che come Caritas Ambrosiana dovremo promuovere per il prossimo futuro.
Luciano Gualzetti
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