Schiavitù e fraternità
Quando immaginiamo la schiavitù, pensiamo a uomini in catene, agli schiavi nelle piantagioni, a turpi angherie, a reclusioni coatte. E riteniamo che essa sia stata superata ormai da tempo. Ma oggi la schiavitù è diffusissima, molto più di quanto si ritenga e si mostra in molti modi: più di quelli coi quali si mostrava nel passato.
Ebbene, è proprio sulle moderne forme di schiavitù che ruota il Messaggio di Papa Francesco in occasione della Giornata mondiale della pace che si è tenuta il 1° gennaio del nuovo anno da poco cominciato. Schiavitù che riguardano “lavoratori e lavoratrici, anche minori, asserviti nei diversi settori ... molti migranti che, nel loro drammatico tragitto, soffrono la fame, vengono privati della libertà, spogliati dei loro beni o abusati fisicamente e sessualmente ... persone costrette a prostituirsi ... minori e adulti fatti oggetto di traffico e di mercimonio per l’espianto di organi, per essere arruolati come soldati, per l’accattonaggio, per attività illegali come la produzione o vendita di stupefacenti, o per forme mascherate di adozione internazionale ... coloro che vengono rapiti e tenuti in cattività da gruppi terroristici”.
Nel denunciare la schiavitù come reato di “lesa umanità”, il Papa va alla radice, alle cause profonde che la giustificano e la favoriscono: una perversa concezione della persona umana che ammette la possibilità di trattarla come un oggetto. Già in altre occasioni Francesco aveva mostrato come l’asservimento al dio-denaro porta a vedere l’uomo come un mezzo e non come un fine, e arriva a generare la cultura dello scarto, l’idea che chi non produce non merita attenzione e può essere lasciato ai margini. Nel Messaggio in oggetto ritorna su questo rifiuto di riconoscere l’umanità nell’altro e lo affianca a quelle con-cause che spiegano le forme contemporanee della schiavitù: la povertà, il sottosviluppo, il mancato accesso all’educazione, le scarse opportunità di lavoro che espongono molte persone a tentare di uscire da una condizione estrema di miseria affidandosi a illusorie promesse di lavoro che di fatto fanno cadere nelle maglie di raffinate e globali reti criminali.
A fronte di un fenomeno così drammaticamente globalizzato, anche le misure di contrasto devono assumere un respiro globale. Anzitutto grazie alla sconfitta di quell’indifferenza generale che avvolge tanti drammi del nostro tempo. Ma poi con la responsabilizzazione degli Stati spesso coinvolti in complicità colpevoli, delle organizzazioni intergovernative, delle imprese che non possono risparmiare sui costi di produzione sfruttando manodopera non riconosciuta nei propri diritti, degli stessi consumatori che non possono non chiedersi come mai determinati prodotti siano venduti a prezzi così bassi rispetto a quelli normali di mercato.
Il Papa non ha paura di passare da un piano di denuncia di livello mondiale ad un piano di proposta che va ad incidere sui comportamenti più semplici e possibili a tutti che così esemplifica: “Altri scelgono di fare qualcosa di positivo, di impegnarsi nelle associazioni della società civile o di compiere piccoli gesti quotidiani – questi gesti hanno tanto valore! – come rivolgere una parola, un saluto, un “buongiorno” o un sorriso, che non ci costano niente ma che possono dare speranza, aprire strade, cambiare la vita ad una persona che vive nell’invisibilità, e anche cambiare la nostra vita nel confronto con questa realtà”.
Comportamenti che traducono il desiderio di attuare in ogni relazione quella fraternità che spesso alberga come desiderio nel cuore dell’uomo, anche se spesso viene ferita dalla piaga dello sfruttamento dell’uomo da parte dell’uomo. Una fraternità che appartiene al piano originario di Dio e che attraverso il mistero del Natale viene ulteriormente esplicitata e resa possibile in Gesù di Nazaret, il Figlio del Padre che ci offre la possibilità di diventare figli adottivi, fratelli suoi e tra di noi.
Una possibilità diventata realtà per quanti abbiamo ricevuto il dono del Battesimo, ma che ha bisogno dell’esercizio della nostra libertà perchè possa portare fino in fondo i frutti attesi. E tra questi la sconfitta definitiva di ogni forma di asservimento dell’uomo all’uomo.
Don Roberto Davanzo