Ma a noi, a noi Caritas, a noi cristiani, a noi operatori e volontari impegnati sugli aspri fronti della lotta alla povertà, dell’impegno per l’eguaglianza, della costruzione della pace, alla fin dei conti che c’importa dell’Europa? O, per essere più precisi, del percorso politico-istituzionale per renderla sempre più unita?
La domanda sorge spontanea, nei giorni di un turno elettorale che, a giugno, coinvolge quasi 360 milioni di cittadini di 27 paesi. E una risposta viene dai netti, densi e per certi versi solenni pronunciamenti che i vertici della Chiesa hanno riservato al tema, a partire dal discorso che papa Francesco tenne sull’argomento a Budapest poco più di un anno fa. «In questo frangente storico l’Europa è fondamentale. (…) ed è chiamata a interpretare il ruolo che le corrisponde: quello di unire i distanti, di accogliere al suo interno i popoli e di non lasciare nessuno per sempre nemico. È dunque essenziale ritrovare l’anima europea», scandì il Pontefice il 28 aprile 2023. Non si riferiva alle elezioni che ci attendono alla fine di questa primavera. Ma il suo appello ci può servire da guida, per affrontare con serietà un diritto-dovere che, in quanto cittadini di un mondo sempre più interconnesso, non possiamo permetterci di prendere sotto gamba.
Non soltanto bandi
Più recentemente, a considerare con raziocinio tutte le implicazioni del voto per eleggere i membri del Parlamento Ue ci ha aiutato la Lettera all’Unione Europea, firmata dal cardinale Matteo Zuppi, presidente della Conferenza episcopale italiana, e da monsignor Mariano Crociata, presidente della Commissione delle conferenze episcopali della Comunità europea. In questa missiva pubblica, persino affettuosa nei toni, si illustrano molti dei motivi per cui noi cristiani dobbiamo avere a cuore la Casa comune continentale, il suo rafforzamento, il suo ampliamento, il suo dotarsi di un’anima.
Dal punto di vista delle Caritas, sarebbe troppo facile argomentare che un’Europa forte ci sta a cuore, perché da essa possono venire opportunità (in forma di bandi) utili a dare respiro al lavoro sociale che ci caratterizza. Ma non è solo questo, non è solo questione di trovare un valido finanziatore di progetti e di reti. A noi l’Europa interessa perché favorisce l’unità dei popoli, estende l’area di applicazione dei diritti civili e sociali fondamentali, consolida una cornice democratica necessaria allo sviluppo di effettive politiche di inclusione e uguaglianza.
Certo, non sempre l’Unione che conosciamo - soggiacente ai veti e agli interessi dei governi nazionali, orientata più da logiche di mercato che da logiche di solidarietà, privata di un’effettiva sovranità in molti settori decisivi per la vita dei suoi cittadini, tentata dal chiudersi come fortezza agli altri popoli del mondo, incapace di dare una sostanza diplomatica e nonviolenta al concetto di difesa comune - ci rende orgogliosi di appartenerle. Ma riteniamo che sia così perché rimane un’incompiuta, alla quale egoismi particolari e nazionalismi più o meno ufficiali impediscono di sbocciare per quella che dovrebbe essere, e che noi tutti vorremmo che fosse: una realizzazione storica capace di coniugare democrazia e pace, libertà e cooperazione, stato di diritto e diplomazia multilaterale, sviluppo e cura del creato, progresso economico e giustizia sociale, protezione dei diritti individuali e promozione delle relazioni tra comunità. Insomma, una fiaccola di speranza, per un pianeta sempre più avvolto da nubi di diffidenza e violenza. Una fiaccola che, da lontano, peraltro molti nel mondo riconoscono. E che dunque sta a noi, con convinzione, rendere sempre più luminosa.
Luciano Gualzetti
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