Avrà questo titolo - tratto dalla famosa pagina del giudizio universale narrata nel Vangelo di Matteo al capitolo 25 – il tradizionale Convegno di inizio anno dedicato ai responsabili decanali di Caritas Ambrosiana e ai loro stretti collaboratori. Si svolgerà dal sabato 13 alla domenica 14 settembre ed avrà come sede l’ex seminario di Seveso, oggi denominato Centro Pastorale Ambrosiano.
Avevamo già preannunciato che la partecipazione ad Expo 2015 avrebbe orientato anche gli spunti di riflessione e le proposte di formazione per l’anno pastorale entrante. Il tema dell’edizione milanese dell’esposizione universale non poteva lasciarci alla finestra, “Nutrire il pianeta. Energia per la vita”, in quanto parla di qualcosa che appartiene da sempre all’operare delle Caritas di tutto il mondo. Senza poi dimenticare quanto il tema del cibo, del mangiare, sia centrale nella visione della vita che scaturisce dalla rivelazione cristiana nella quale il Dio che ci è stato raccontato da Gesù di Nazaret ci ha creati per invitarci ad un banchetto in cui lui sarà nostro inserviente (cfr Lc 12, 37), banchetto peraltro già evocato dal profeta Isaia al cap. 25 del suo libro e addirittura anticipato nella tenda di Abramo (cfr. Gen 18) quando fu visitato da quei tre angeli che gli annunciavano l’inaspettata nascita di un figlio. Per prepararci a quell’appuntamento, per svegliare il nostro appetito di Lui, ha come disseminato nella storia della salvezza tutta una serie di appuntamenti enogastronomici. Giusto per dire che “nutrire il pianeta” non è solo uno slogan. Per i cristiani è come aprire un file dagli innumerevoli capitoli di approfondimento e di offerta di riflessione.
Ma nemmeno la seconda parte del titolo, “energia per la vita”, può essere confinata nell’ambito delle frasi ad effetto. Quale migliore energia può dare vita agli uomini e alle donne se non quella relazione di fraternità che ogni Caritas è chiamata a promuovere al di là dei servizi che riesce ad organizzare? Quale prospettiva può generare meccanismi così eversivi come quella che porta a considerare come fratelli e sorelle anche i più lontani e i più sconosciuti?
Dopo il binomio "opere e parole" che è stato oggetto della riflessione dello scorso anno, questa volta potremmo giocare su un'altra polarità: "pane e parola", atta a dire come la fame dell'uomo non sia riducibile al piano materiale, certamente necessario, ma non sufficiente a descrivere l'essere umano. C'è una fame di pane, dunque, a cui rispondere attraverso tutte le iniziative di solidarietà e di superamento delle inequità che segnano il vivere umano. Ma contemporaneamente c'è una fame di parola che significa una fame di relazioni senza le quali la vita dell'uomo rischia di essere una "non vita". Non basta avere lo stomaco pieno. È necessario sapere perchè vivere, per chi vivere. Questo significa avere fame di parola, fame di un significato bello e convincente da dare alla vita.
Che cosa è pane, che cosa è nutrimento per gli uomini, di che cosa si nutrono? Gesù aveva un'attenzione spiccata per le folle senza pane e ci ha anche insegnato a chiederlo nella preghiera al Padre che è nei cieli. Ma con tutta la sua vita ci ha pure insegnato che non di solo pane si vive, ma anche di parole alte, che mettono in moto i sogni e la vita. Quante volte lo abbiamo sorpreso nelle pagine dei vangeli nell'atto di nutrire le folle, nutrirle di parola e, insieme, di pane. Ma nei suoi pensieri il pane non è mai un pane di accumulo, e nemmeno un pane che piova dall'altro magicamente: nasce da una fatica e sfocia in una condivisione. A farci grandi non è tanto il pane che si riceve, ma il pane che si dona.
Don Roberto Davanzo
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