In questo momento della crisi che perdura oltre ogni previsione, le Caritas sono chiamate a proseguire nella loro azione di solidarietà tempestiva che hanno avviato fin dall’inizio della stessa con i loro centri di ascolto e le innumerevoli forme di aiuto. Accanto alle molte iniziative di fondi anticrisi inventati e la conferma delle forme di aiuto tradizionali, la Caritas si è resa conto da subito che doveva alzare lo sguardo per chiedere contemporaneamente politiche più efficaci. Era maturata la convinzione che, con i soli aiuti sussidiari o le misure di sostegno previste dal welfare così come concepito attualmente, non si sarebbe potuto andare lontano.
È per questo motivo che le Caritas Lombarde già nel 2010 proposero alla Regione Lombardia di studiare e sperimentare una forma di reddito minimo denominato Reddito di Autonomia attivante.
La proposta torna oggi di attualità per l’iniziativa delle ACLI e di Caritas Italiana di un’alleanza contro la povertà che promuove un REIS (Reddito d’Inclusione Sociale).
Anche il Governo Letta ha avviato lo studio del SIA (Sostegno all’Inclusione Attiva) che dovrebbe superare la Social Card contro la povertà assoluta.
Ci sembra quindi importante ricordare le ragioni che spinsero le Caritas Lombarde ad avanzare una proposta di reddito minimo e a rilanciarla, approfondendola, per dare un contributo ai percorsi nazionali.
In primo luogo seguendo il compito affidatole dalla Chiesa di rimozione delle cause della povertà e di attenzione alla giustizia, la Caritas non può non interrogarsi in ordine alla situazione di persone che vivono in stato di indigenza. E pur riconoscendo il ruolo di coloro che spontaneamente rispondono alle situazioni di povertà, si rende conto che una sfida così importante non può che essere affrontata mettendo in campo anche delle efficaci politiche sociali. La Caritas chiede dunque che il tema della povertà venga messo nell’agenda politica: è fondamentale per la dignità delle persone in stato di povertà assoluta o a rischio di povertà. Tutto ciò per arrivare a misure di contrasto alla povertà realizzabili ed efficaci.
L’Italia, infatti, è un paese in cui un numero elevato di persone povere rimane a lungo intrappolato in tale condizione. In Europa lo scenario delle politiche in ordine alla povertà è differente: in alcuni paesi europei gli interventi messi in campo la dimezzano. In Italia dopo gli interventi delle politiche sociali la povertà viene ridotta solo del 4%: Italia e Grecia sono gli unici paesi europei che non hanno uno strumento simile al reddito minimo.
È per queste ragioni che la Delegazione delle Caritas Lombarde ancora oggi vuole rilanciare la riflessione per promuovere un reddito minimo nel contesto regionale lombardo, aggiornando la proposta del 2010 in funzione delle nuove condizioni e situazioni che la crisi ha prodotto in questi cinque anni.
La Caritas è convinta che l’adozione di uno strumento universale, selettivo, condizionato, attivante, quale appunto il modello di reddito di autonomia proposto nel 2010, destinato a qualunque cittadino si trovi nella condizione, più o meno temporanea, di mancanza di mezzi sufficienti a condurre una vita dignitosa, sia una strada seria per prevenire l’impoverimento e fronteggiare efficacemente la povertà. Si tratta di una forma di assistenza non contributiva e non categoriale ma equitativa che si realizza attraverso un’integrazione del reddito fino alla soglia di un reddito dignitoso stabilito. È una misura basata sulla prova dei mezzi e accompagnata da condizioni attivanti: la disponibilità al lavoro, all’istruzione dei figli, la frequenza ai servizi socio educativi dei figli in età prescolare (per interrompere la trasmissione generazionale della povertà).
Per fare questo bisogna prevedere, oltre alle risorse necessarie (che non possono essere viste solo come una spesa, ma piuttosto devono essere considerate un investimento capace di evitare in futuro costi ben maggiori causati dalla povertà) un nuovo patto di cittadinanza. Si deve riconoscere che la crisi ha fatto esplodere le già note contraddizioni di un welfare previsto solo per alcune categorie di persone, dove gli esclusi aumentano in continuazione: i giovani, gli ultra cinquantenni disoccupati di lungo periodo, le donne con figli, le famiglie numerose...
Occorrono meno misure ma più generose e mirate a tutti i poveri:
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più generose e più incisive per aiutare veramente;
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temporanee per non cadere nell’assistenzialismo;
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integrate tra loro (reddito e programmi di inclusione - lavoro e formazione).
Occorre dunque che cambi la mentalità che ci ha accompagnato negli ultimi anni per poter introdurre nuove forme di solidarietà inclusiva sia nel mondo del lavoro che fuori.
Per la Caritas il reddito di autonomia va in questa direzione. Per questo si impegna, oltre a mantenere alto lo sforzo di solidarietà e di prossimità che ha garantito in questi anni, ad aggiornare la proposta di reddito di autonomia per non rischiare di esaurire le proprie energie in azioni di pura erogazione. La Caritas intende così proporre strumenti integrati che diano alla prossimità una prospettiva promozionale e agli interventi un respiro progettuale e attivante per garantire, finalmente, l’uscita dalla trappola della povertà.
Luciano Gualzetti
Per saperne di più sulla proposta Caritas del reddito di autonomia:
Reddito di autonomia : contrastare la povertà in una prospettiva di sussidiarietà attivante
Rosangela Lodigiani e Egidio Riva. - Trento : Erickson, 2011
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