È stato l’anno della
didattica a distanza: se ne è parlato tanto, spesso in negativo, sottolineando come – pur con l’innegabile merito di “far andare avanti il programma” –
la modalità da remoto abbia tolto agli studenti la possibilità della relazione e abbia acuito le disuguaglianze. Una soluzione di forza maggiore, insomma, ma poco amata e poco esauriente.
Eppure.
Adesso che l’anno scolastico è finito e il tempo dei bilanci si avvicina, ecco che emergono come sempre
raggi di luce tra le crepe: e si scopre che
la didattica a distanza, in qualche caso, è stata anche
l’occasione per mettere in contatto alcuni volontari con i “loro” bambini. Bambini che, altrimenti, non avrebbero forse incontrato.
L'area Doposcuola di Caritas Ambrosiana, infatti, ha organizzato durante l’anno dei corsi di formazione dal titolo
“Vicini a distanza”: lezioni rivolte ai volontari dei doposcuola interessati a
sviluppare competenze digitali, per gestire l’aiuto allo studio e più in generale la relazione con i ragazzi in DAD. Tre edizioni da 25 iscritti ciascuna, per un totale di parecchi nuovi “smart teacher”.
La storia di Monica
Monica Crippa, 55 anni, residente nel milanese, è una di queste.
Nel novembre scorso, continuando a sentir parlare di DAD, Monica si è immedesimata:
ha pensato alla solitudine, al senso di disorientamento, alla fatica che dovevano provare i ragazzi, soprattutto quelli con difficoltà di apprendimento, o con poco accesso alla tecnologica, o provenienti da famiglie in cui l’italiano non è la prima lingua.
Chi li aiutava a fare i compiti? A chi chiedevano assistenza in caso di un ostacolo con la grammatica?
“Mi faceva male – dice semplicemente – pensare che
qualcuno potesse rimanere indietro per un motivo come questo”.
Perciò Monica si è attivata, si è messa a cercare: e subito è stata trovata da un annuncio di Caritas Ambrosiana.
Si è offerta come volontaria e ha conosciuto la “sua” bambina: classe quarta della scuola primaria, figlia di una famiglia con cinque bambini di cui tre in DAD, mamma originaria del Senegal e poco abituata a parlare italiano. Una situazione faticosa. “La famiglia risiede vicino a Varese – spiega contenta Monica – ma
a questo punto la geografia non era più un problema! Potevo aiutarla io, da dove mi trovavo. Una bella scoperta”.
Colmare la distanza con le competenze
Presto Monica si è resa conto che
la modalità a distanza presentava una serie di criticità tecniche: è stata perciò molto felice di partecipare al corso di formazione: “
Il corso è stato davvero utile – racconta – ci ha fornito una serie di strumenti in più, dandoci informazioni e possibilità di esercitarci su vari tipi di piattaforme e applicazioni. Ma non è solo quello:
il corso ci ha dato metodo, ci ha insegnato a stimolare nei bambini il senso delle priorità, a relazionarci con loro nel modo più ordinato, guidandoli anche a curare il flusso delle informazioni, a segnarsi tutto sul diario, a non perdere il filo. Ci ha dato spunti per rendere gli scambi più vivaci e interessanti. Davvero un corso ben organizzato, insomma, con anche uno scambio piacevole e proficuo tra noi partecipanti”.
Monica ritiene che proprio
l’apprendimento orizzontale, nato dagli scambi spontanei tra volontari, sia stato la chiave di volta: “Gli organizzatori sono stati bravi a fare gruppi ben assortiti, c’era un clima da classe anche tra di noi. Anzi, avrei voluto che si continuasse, con corsi ancora più specifici”.
I miglioramenti si sono visti
E la “sua” bambina si è accorta dei progressi? “Credo di sì, perché ho imparato ad aiutarla meglio. E intanto, dall’esperienza in generale, ho imparato a essere più paziente e meno esigente, anche con me stessa:
ci vuole tempo e umiltà. Da parte di D.,
i risultati sono migliorati rispetto al primo quadrimestre, lei mi sembrava contenta e anche i suoi genitori”.
Esperienza promossa, dunque: “La rifarei senz’altro – conferma Monica –
Il miglior risultato è vedere che adesso D. mi fa delle domande, quando ha dei dubbi: sembra aver vinto timidezza e disinteresse. E io ho ritirato fuori una parte giocosa di me. Abbiamo condiviso anche queste sensazioni, al corso. E ho visto che più o meno a tutti i volontari, quando parlavano del loro bambino,
si illuminavano gli occhi”.
Che, come si sa, è una cosa che si percepisce bene anche a distanza.