Per prima cosa facciamo chiarezza su una questione: a meno che abbiate scelto per i
vostri figli una scuola dalla didattica particolarmente innovativa, continuare a discutete su
quanti sono, se troppo o troppo poco difficili, se hanno senso o meno, è un esercizio
inutile. I compiti ci sono e vanno fatti. Se il ruolo dei genitori è quello di aiutare i figli e le
figlie ad affrontare con successo la realtà occorre, prima di tutto, accettare l’esperienza
scolastica per quella che è: fatta di libri dastudiare, concetti da imparare, esercizi da
ripetere, tempo e fatica da dedicare. Potremmo poi sicuramente entrare nel merito di una
Scuola che, in barba a tutte le scoperte scientifiche più recenti e innovative, utilizza ancora
un approccio ottocentesco all’apprendimento, ma questo è un altro discorso.
I nostri figli hanno i compiti da fare, questa è la realtà. E, secondo punto molto importante,
li devono fare loro. Resto sempre stupito di fronte a quei genitori che candidamente
ammettono di aver passato la serata a finire, completare, correggere lavori scolastici di
varia natura. Se un senso i compiti ce l’hanno è quello di aiutare a consolidare degli
apprendimenti e stimolare autodisciplina e responsabilizzazione, e l’intervento continuo
dei genitori da questo punto di vista ha molteplici svantaggi: impedisce di trarre beneficio
dagli esercizi proposti, di verificare le proprie capacità e sviluppare apprendimento dagli
errori, di mettere alla prova il proprio impegno e accettare la fatica della ripetitività o del
tempo dedicato allo studio. Chiaramente se i propri figli hanno bisogno di aiuto, questo,
nei limiti del possibile, va dato, ma è sbagliato sostituirsi: bisogna piuttosto aiutarli ad
arrivare da soli alle risposte che stanno cercando e stimolarli, valorizzando i successi
invece di criticare gli errori, a trovare la propria strada e le proprie modalità per trarre
beneficio dallo studio. Molti genitori sono preoccupati dalla quantità o dalla difficoltà
dei compiti che hanno i figli,ma è difficile stabilire il “giusto carico”,dipende molto dall’età
e dall’orario scolastico.
Sicuramente i bambini non devono passare l’intero pomeriggio e il week end a fare esercizi
e studiare, ma nemmeno a guardare la tv o davanti a un videoschermo di qualsiasi natura.
E comunque, in caso di dubbio, è bene parlarne direttamente con gli insegnanti e
non esplicitare riserve e commenti davanti ai propri figli: impostare con la scuola
un’azione fondata sulla coesione educativa è fondamentale per non trovarsi poi con problemi più grandi.
È importante accettare la realtà dei compiti e la necessità dell’impegno personale che
richiedono. Certo, si fa fatica! La nostra è una società dell’immagine, del tutto subito, e i
ragazzi e i bambini che sono nati dentro a questa società e a questa cultura non possono
che trovare difficile approcciare i libri, le pagine da scrivere e leggere, i testi da studiare.
Io credo che oggi ad essere in crisi non sia tanto il sistema scolastico, quanto piuttosto il libro
come medium di apprendimento: più immagini, meno parole, meno abitudine alla lettura,
meno studio. Però il compito dei genitori è proprio quello di legittimare l’importanza dell’impegno,
della fatica di dedicarsi a esercizi e ripetizioni,di aiutare a stabilire un buon rapporto con il
tempo che va dedicato al lavoro scolastico.
Come fare?
Servono regole e organizzazione. E poi un ruolo di monitoraggio e controllo
che, soprattutto nei primi anni scolastici, è bene che svolga la mamma: tante ricerche
hanno dimostrato che, piuttosto che il padre al quale va riservato un compito di verifica, è
la madre a favorire il successo scolastico, nel momento in cui il
bambino o la bambina percepiscono che la mamma si aspetta che lui o lei si impegnino.
Per prima cosa, sopratutto in quei casi in cuil’orario dei compiti si è ormai trasformato in
un momento di battaglia, occorre sospendere le ramanzine, le urla, i ricatti, le promesse di
premi e le minacce di punizioni. La tensione,la pressione psicologica, innesca dinamiche
di rifiuto, oppositività o dipendenza da fattori esterni da cui poi sono proprio gli stessi
genitori a far fatica ad uscire. Spesso ci si fissa sulla motivazione, pensando che il
problema sia fondamentalmente quello. Ma è un errore, perché come può un genitore
entrare nel merito di un aspetto così complesso, che agisce a livello psichico, e che è
determinato da tanti e diversi fattori? Poi in genere il problema non è la motivazione
scolastica, perché alla maggior parte di bambini, bambine, ragazzi e ragazze andare a
scuola piace: si sta con i coetanei, si sviluppano apprendimenti, si interagisce e ci si
relaziona, si fa gruppo. Il problema si pone a casa, nel tempo che esula da quello
scolastico stretto, e bisogna quindi aiutare i figli ad affrontare quel momento difficile e
faticoso, individuando le regole domestiche che possono trasformarlo in un tempo
tranquillo e anche, perché no, piacevole.
Sulla base della mia esperienza io penso che le regole fondamentali per organizzare al
meglio lo studio scolastico, che significa poi organizzare uno stile di vita, siano queste:
Stabilite in modo chiaro, e con i più grandi anche condiviso, un orario
fisso da dedicare ai compiti e allo studio, che non sia immediatamente dopo la scuola ma
nemmeno subito prima o dopo la cena. Lasciate loro un tempo di relax e svago, giocate
una ventina di minuti con i più piccoli seguendo le loro regole, concedete tempo per
riprendersi dalla fatica della scuola. I giochi di movimento in compagnia, possibilmente
all’aria aperta, sono molto importanti: fanno bene al corpo e alla psiche, aiutano a
scaricare le tensioni accumulate a scuola, e ricaricano le energie che così possono essere
poi proficuamente dedicate a nuovi lavori scolastici. Ma poi individuate una ritualità precisa
che sia efficace nell’introdurre i vostri figli in un tempo in cui di richiede loro ancora
impegno e attenzione.
Favorite la tranquillità e create un ambiente utile alla concentrazione
La televisione deve essere spenta, la confusione e le distrazioni vanno impedite
o limitate. I bambini, oggi come oggi, hanno un sacco di divertimenti
all’interno delle mura domestiche e gli elementi che li portano a distrarsi sono elevati:
è difficile stare attenti a quello che si sta facendo se intanto il fratello gioca di fianco;
e va monitorato anche il multitasking, che funziona se attiva aree celebrali opposte,
non se intanto che si legge o si scrive, il computer è illuminato, il cellulare squilla e
la musica rimbomba per casa.
Evitate di correggere e criticare
Le correzioni vanno fatte a scuola ed è importante rinforzare i successi e gratificare l’impegno.
Occorre tener presente che l’apprendimento è basato sull’errore e bambini e ragazzi devono
poter sbagliare e essere messi nelle condizioni di accorgersi ed apprendere autonomamente
dagli strafalcioni che fanno.Devono poter anche dire “Non ci riesco, ho bisogno d’aiuto” senza
temere la reazione adulta e senza che, all’opposto, la difficoltà sia loro sottratta.
Invitate compagni e amici a fare i compiti
Spesso lo studio comunitario è vissuto come inefficace se non rischioso per l’apprendimento
individuale, ma non c’è niente di più errato. Le ultime scoperte neuroscientifiche,
in particolare lo studio sui neuroni a specchio, hanno messo in evidenza il ruolo fondamentale
dell’attivazione reciproca e dell’imitazione nel favorire e stimolare i processi di apprendimento.
Quindi, lasciateli studiare insieme.
Curate le ore di sonno
È praticamente impossibile per un bambino e per un ragazzo impegnarsi nello studio e nel lavoro
scolastico se dorme sette, o peggio sei, ore per notte.
Il tempo del riposo notturno è strategicamente fondamentale per favorire la
concentrazione e la riuscita nei compiti. Una vita priva di regole o che concede uscite
serali in discoteca o con gli amici non coincide con quella dello studente.
Stimolate fin da piccoli la lettura e salvaguardate l’amore per i libri
nei più grandi:
non distraeteli mentre leggono un libro, favorite l’approccio personale alla lettura, proponete
testi e argomenti adatti all’età ma stimolanti.