79 persone si sono tolte la vita in carcere, un
record macabro che non era ancora stato raggiunto in Italia. Il tasso di suicidi dentro il carcere è 1
8 volte superiore a chi non è recluso.
Non è un fenomeno purtroppo nuovo, è legato a molteplici fattori (non solo al sovraffollamento, i suicidi aumentano anche se il numero di persone in carcere diminuisce), è sintomo di una
sofferenza profonda che non possiamo dimenticare.
È vero che l’amministrazione penitenziaria negli ultimi anni ha provato a contrastare il fenomeno, ma è altrettanto palese che la
criminalizzazione dei più poveri, i disagi psicologici e psichiatrici, le separazioni con la detenzione dei legami affettivi creano una tensione che può sfociare in comportamenti autolesivi che colpiscono per la loro epidemiologia: giovani e anziani, italiani e stranieri, anche donne nel pur esiguo numero delle detenute presenti nel nostro paese.
Da tempo Caritas Ambrosiana, con molti altri colleghi, operatori e volontari, individua la strada delle misure alternative come via maestra e differente per eseguire la pena: all’interno della società, corresponsabili della sofferenza delle vittime, accanto a percorsi di difficile ma vera
risocializzazione.
Per maggiori dettagli, leggi
il comunicato stampa