
No all’Europa che si chiude dietro muri e hotspot
Lo stand, allestito negli spazi della fiera, mostrerà, attraverso un gioco di ruolo, quanto perverso possa essere affidare il destino di una persona al gretto egoismo degli interessi nazionali e all’ottusità burocratica dei centri di identificazione voluti dalla Ue per gestire i flussi migratori, i cosiddetti hotspot, luoghi nei quali «invece di garantire una prima vera accoglienza, si procede a respingimenti arbitrari, trattenimenti coatti, uso della forza per ottenere l’identificazione delle persone, senza che venga in alcun modo applicata la procedura prevista della normativa», come denunciano oggi Caritas Italiana e le organizzazioni del terzo settore che aderiscono al Tavolo Nazionale Asilo.
Come nei giochi di ruolo, i visitatori assumeranno l’identità delle migliaia di profughi che scappano dalla Siria, dalla Nigeria, dal Pakistan e da tutti quei paesi dove guerra, povertà o gli effetti dei cambiamenti climatici rendono impossibile la sopravvivenza. Riceveranno un passaporto con una nuova nazionalità. Dovranno con pochi soldi mercanteggiare con i trafficanti per assicurarsi un passaggio di fortuna. Alla fine saliranno tutti a bordo di una barca vera, a rappresentare le migliaia di carrette del mare che solcano il Mediterraneo. Giunti all’approdo, faranno i conti con il destino: sapranno se il loro sogno potrà essere realizzato o se invece si infrangerà su un confine invalicabile che li respingerà indietro nel dramma da cui sono scappati senza nemmeno avere l’opportunità di spiegare le ragioni per cui erano fuggiti.
Come in un gioco, insomma. Ma solo in apparenza. Perché dietro la finzione c’è la sofferenza stampata sui volti di persone vere che si vedono negare l’accoglienza perché provengono da Paesi come Gambia, Senegal, Nigeria o Ghana e dunque automaticamente considerati “non rifugiati” e pertanto non ammessi alla procedura d’asilo, a prescindere dai loro casi particolari e dalle personali storie di persecuzione che invece andrebbero valutate secondo la Convezione di Ginevra sui Rifugiati alla quale la normativa della Ue si richiama.
Chi dunque seguirà il percorso “Sconfinati”, potrà sperimentare sulla propria pelle la millesima parte di quel che sente un migrante: la costrizione a lasciare la propria terra, la precarietà di un viaggio per il quale non si hanno garanzie, la vulnerabilità di un approdo che spesso non riconosce la dignità dovuta a ogni essere umano. Il messaggio esplicito lungo tutto il percorso è che siamo in fondo tutti sulla stessa barca: o ci si salva o si naufraga insieme, muri e steccati non sono mai serviti a niente.
“Sconfinati!” è un percorso della durata di 15 muniti, basato sulle storie autentiche raccolte dai volontari e dagli operatori del Consorzio Farsi Prossimo promosso da Caritas Ambrosiana che nelle parrocchie e nei centri della Diocesi di Milano ogni giorno danno ospitalità ai profughi giunti in Lombardia dopo essere sbarcati sulle coste meridionali del nostro Paese.
Lo stand “Sconfinati” di Caritas Ambrosiana sarà collocato nella sezione dedicata a Turismo consapevole della fiera Fa’ la cosa giusta! 2016.
Con “Sconfinati” Caritas Ambrosiana ripropone una formula di partecipazione alla fiera milanese del consumo critico e degli stili di vita sostenibili già sperimentata con successo nelle passate edizioni. Analoghi percorsi esperienziali erano stati proposti nell’edizione 2012 sul sovraffollamento nelle carceri, “Extrema Ratio”, nel 2013 sul maltrattamento delle donne, “Non è amore”. In questo caso il percorso ha continuato a vivere sulla rete sotto forma di sito. http://noneamore.caritasambrosiana.it/. Tutti i percorsi sono poi stati riproposti nelle scuole.
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