
Cento nuovi posti per l’emergenza siriana
Caritas Ambrosiana e Cooperativa Farsi Prossimo mettono a disposizione 100 posti per l’emergenza siriani. Lunedì 12 maggio aprirà i battenti un nuovo centro per contribuire a dare una risposta alla nuova ondata di profughi provenienti dal paese mediorientale, che in questi giorni sta mettendo in crisi il sistema di accoglienza milanese.
Il nuovo centro è collocato in un’ala dismessa di Casa Nazareth in via Padre Carlo Salerio 51 a Milano, un polo della solidarietà di proprietà della Suore della Riparazione. L’istituto religioso ha ceduto l’immobile in comodato d’uso per sette anni a Cooperativa Farsi Prossimo. Con risorse proprie la Cooperativa Farsi Prossimo, promossa da Caritas Ambrosiana, ha ristrutturato l’edificio convertendolo in un moderno centro di accoglienza che sarà, in particolare, destinato a nuclei familiari. I lavori (costati 250 mila euro) sono iniziati un mese fa e stanno ormai per terminare. Si prevede che il piano terra e il primo piano del centro, con 60 posti letto, potrà essere operativo la prossima settimana, lunedì 12 maggio. La settimana successiva sarà completato anche il secondo piano, garantendo al centro di raggiungere la piena recettività e dunque di ospitare 100 persone.
Entreranno in servizio da subito un’equipe multidisciplinare che offrirà agli ospiti anche un servizio di accompagnamento sociale. Terminata l’emergenza siriana, il centro sarà messo a disposizione per far fronte ai bisogni abitativi di altre categorie sociali deboli.
«Abbiamo avviato i lavori da tempo, ma visti i nuovi arrivi e soprattutto la situazione drammatica di questi ultimi giorni alla Stazione Centrale, abbiamo deciso di accelerare - dichiara don Roberto Davanzo, direttore di Caritas Ambrosiana. In questo modo la Cooperativa Farsi Prossimo, che è intervenuta già da ottobre per ospitare i primi profughi siriani arrivati a Milano, con questi nuovi posti può dare un contributo fondamentale per affrontare questa nuova emergenza». «La situazione dei siriani – prosegue don Davanzo – continua a rimanere molto intricata. Auspichiamo che la politica finalmente trovi una soluzione giuridica che consenta a questi nuovi profughi di trovare accoglienza e rifugio dove vogliono. Nel frattempo però non possiamo rimanere indifferenti di fronte alla sofferenza di intere famiglie che per mettersi in salvo dalla guerra hanno lasciato le loro case e ora si trovano senza nulla, costrette a dormire con bambini piccoli in strada, sui gradoni della stazione». «Domani, - osserva don Davanzo - il cardinale Scola porterà la Croce di San Carlo nella parrocchia di San Giuseppe dei Morenti dove ad attenderlo ci saranno i vecchi residenti del quartiere e quelli nuovi che sono venuti ad abitare lì provenendo da altri paesi. Con quel gesto l’Arcivescovo ci invita a concepire gli stranieri come moderni cirenei, vale a dire a considerare le fatiche di cui si devono fare carico i migranti. Si tratta proprio di quella stanchezza e sofferenza che oggi vediamo negli occhi delle famiglie siriane che abbiamo accolto. Non possiamo girarci dall’altra parte».
Dall’inizio dell’emergenza, Caritas Ambrosiana e la Cooperativa Farsi Prossimo hanno dato ospitalità a 1800 persone nei centri di accoglienza, prima, in via Novara, poi di via Fratelli Zoia, ed infine in via Monluè. Gli ospiti in genere rimangono per qualche giorno e poi proseguono il viaggio verso il nord Europa. Per il 30% sono bambini.
Nei mesi scorsi Caritas Ambrosiana, accogliendo una precisa richiesta della Caritas giordana, ha contribuito ad aprire un centro d’ascolto provvisto di ambulatorio ad Al Mafraq in Giordania, a dieci chilometri dal confine con la Siria, ospitato dalla locale parrocchia cattolica. Il poliambulatorio, allestito in un prefabbricato di circa 80 metri quadri, cerca di dare una prima risposta ai bisogni più immediati dei rifugiati che non hanno trovato ospitalità nel vicino campo dell’Onu - con particolare attenzione per donne, bambini e anziani -, offrendo assistenza medica e, soprattutto, redigendo cartelle cliniche per il successivo ricovero in strutture ospedaliere più idonee.
Foto: Avvenire
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