Il
centro di sicurezza “Mahali pa Usalama” accoglie da più di dieci
anni bambini e bambine che hanno subito violenze e abusi. Ed è proprio in questo luogo che ogni anno, i due
volontari del servizio civile svolgono parte delle loro attività. Grazie a questa costante collaborazione, Caritas Ambrosiana ha deciso di finanziare il
rifacimento del tetto in lamine di amianto del centro, vecchio, ma soprattutto dannoso per i giovani ospiti.
Cerchiamo di conoscere meglio questo progetto attraverso gli occhi di
Alessia e
Sara, le due servizio civiliste di quest’anno:
“Ricordo bene il giorno in cui per la prima volta abbiamo fatto ingresso al Mahali pa Usalama. Eravamo in Kenya da meno di una settimana e i nostri corpi non si erano ancora abituati al caldo umido che caratterizza le giornate a Mombasa. Dopo una pausa pranzo con quelli che di lì a poco sarebbero diventati i nostri colleghi, ci dirigiamo in macchina verso il centro. Occhi ben aperti per imparare la strada che per il prossimo anno avremmo percorso quasi quotidianamente. Dopo numerose svolte e senso dell’orientamento perso, ci ritroviamo davanti ad un cancello beige, senza scritte, perché essendo un centro di sicurezza deve rimanere anonimo. Finalmente entriamo e troviamo ad accoglierci
Sister Nancy, direttrice del centro, e i bambini che calmi e silenziosi come non li avremo mai più visti, giocano in un angolo. È una visita “istituzionale” di presentazione, la tranquillità è d’obbligo.
Una cosa colpisce la nostra attenzione: c’è un gran movimento di operai, il
nuovo tetto rosso fiammeggiante è in fase di costruzione.”

“Il primo giorno di attività con i bimbi del Mahali io e Ale eravamo molto agitate ma cariche di energia. Nel tragitto da
Caritas Mombasa al Centro abbiamo cominciato a farci mille domande: piaceranno le attività che abbiamo preparato? Riusciremo a farci capire? Abbiamo preso tutto il materiale necessario? Saranno felici di averci lì con loro? Ma soprattutto questa sarà la strada giusta per arrivare al centro? Speriamo. Emozioni contrastanti che sono svanite non appena abbiamo varcato il cancello: i bambini erano tutti nel cortile che correvano e giocavano tra loro, ma appena ci hanno viste ci sono corsi incontro, ci stavano aspettando! Dopo una breve presentazione tutti composti seduti al tavolo, in presenza anche di
Mama Lilian, la teacher e Sister Emiliana, responsabile del progetto, abbiamo iniziato con dei semplici giochi per imparare a conoscersi meglio; devo dire che il mio nome, Sara, è abbastanza semplice da ricordare, ma il nome di Alessia è stato storpiato in ogni modo possibile ed immaginabile, Alexia, Alessìa, Alicia, Alele, senza dimenticare la nostra incapacità nel ricordare i loro “semplicissimi” 18 nomi e saperli riassociare alle facce. Ci siamo divertiti da matti.
Avevamo programmato quella giornata con giochi ed attività diverse ma qualcosa è cambiato nel tragitto: innanzitutto i lavori al tetto non erano ancora stati ultimati per cui le sale sopra non erano agibili, per questo ci siamo arrangiati con il cortile e il salone; inoltre abbiamo avuto la bella idea di cominciare con dei giochi musicali…è stata la nostra fine! Da lì non hanno più voluto smettere di ballare, e la gioia nei loro occhi era troppo contagiosa, per cui abbiamo lasciato perdere tutti i nostri programmi e per quel giorno
ci siamo lasciate trasportare da loro. Il tempo è volato, era il primo giorno, sotto il caldo cuocente di Mombasa, eravamo stanche morte, ma da lì non volevamo già più andarcene. Il Mahali è diventato pian piano quel porto sicuro dove potersi rifugiare anche in quei giorni più faticosi degli altri.”