Abbiamo perso un padre, ne abbiamo trovato un altro. Permettetemi di parafrasare così, a nome di Caritas Ambrosiana, il famoso motto popolare che si utilizza per gli avvicendamenti dei Papi. E di sintetizzare in questo modo gli eventi e i sentimenti che ci siamo lasciati alle spalle, in occasione dei quali la Chiesa universale, insieme a tutte le Chiese locali, ha avuto modo di riflettere a fondo, oltre che sulle proprie fondamenta trascendentali e spirituali, anche sui legami che nutre con la più vasta comunità umana in cui è chiamata ad agire, annunciando una Buona notizia.
La morte di Francesco ci ha in qualche modo lasciati orfani: il Pontefice argentino ci ha insegnato e incoraggiato a essere Chiesa e Caritas in uscita, ospedale da campo della storia, palestra di misericordia, laboratorio di fraternità con ogni uomo e ogni donna del nostro tempo.
Ce lo ha insegnato con i gesti, che hanno reso eloquenti le parole, autentica la dottrina: il primo viaggio a Lampedusa e le incessanti preghiere per i fratelli migranti, le visite ai carcerati, gli abbracci alle vittime di tratta, la sofferenza personale condivisa con i malati, lo stare in cerchio con le persone con disabilità, la tenerezza per i bambini e gli anziani, la predilezione per le persone senza dimora, gli spontanei gesti di umanità riservati ai tanti che la cultura dello scarto spinge ai margini della storia. E le illuminanti novità del magistero, a cominciare dall’“ecologia integrale”, con l’invito a coniugare umanesimo e sensibilità ambientale, amore per ogni essere umano e amore per il creato. E l’infaticabile spendersi per la giustizia e per la pace, fino all’ultimo, fino a un Giubileo che incoraggia a compiere gesti di clemenza, a condonare i debiti, a convertire le spese militari in sforzi di lotta alla fame, consapevoli che la speranza non delude.
Da Francesco a Leone
Un primo, inaspettato regalo (la comparsa, a inizio maggio, sulla parete esterna della nostra sede milanese, di un murale realizzato dall’artista aleXsandro Palombo, intitolato Franciscus – The Hope) ha aiutato noi di Caritas Ambrosiana a sentirci meno soli. L’opera illustra in modo anche drammatico (la sagoma esanime del piccolo profugo siriano Alan Kurdi ai piedi di Bergoglio in saio francescano), ma fedele e commovente, diversi aspetti dell’eredità spirituale e pastorale che papa Francesco ci ha lasciato, a cominciare dalla sua insistenza ad accogliere, proteggere, promuovere, integrare ogni uomo e ogni donna nei quali la storia ci fa il dono di imbatterci.
E poi c’è stato il secondo regalo. Sotto forma del nuovo (Santo) Padre che è stato dato alla Chiesa. Un padre che, affacciandosi da protagonista alla finestra più mediatizzata, in quel momento, dell’intero pianeta, ha esordito con un universale annuncio di pace e ha voluto salutare in modo speciale gli amici del piccolo, sperduto angolo di mondo in cui ha avuto la grazia di maturare come uomo e forgiarsi come pastore.
Ci sarà tempo per scoprire e discutere i tratti di continuità e novità del nuovo pontificato rispetto al precedente. Noi abbiamo la certezza di aver trovato in Leone un’altra guida, dopo quella che nell’ultimo decennio aveva illuminato i nostri passi. È un cammino antico, sempre attuale: da compiere insieme, nonostante le ferite della storia, riconoscendoci in Cristo fratelli tutti.
Luciano Gualzetti
Direttore Caritas Ambrosiana
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