Sono una nonna:
vorrei consultare il mio fascicolo sanitario e prenotare una visita, ma sul telefonino appaiono scritte strane e i miei occhi e le mie dita si imbrogliano, quando c’è da pigiare i tasti giusti. Sono una persona con disabilità:
vorrei avere una socialità come tutti, oltre le opportunità che la domotica mi offre quando sono a casa, ma non è facile coltivare relazioni fuori dalla cerchia famigliare. Sono un adolescente con qualche problema a scuola:
vorrei uscire dalla mia stanza ma quello che c’è fuori mi fa un po’ paura, mi rifugio nel mio computer che mi spalanca un mondo, però alla fine resto sempre solo…
È cominciato con un rosario di
vorrei, tratti da storie di fragilità che operatori e volontari Caritas incrociano ogni giorno, uno degli incontri più originali tra quelli che compongono il calendario delle
Cattedre della carità. L’iniziativa varata da Caritas Ambrosiana in occasione del suo 50° ha proposto, in aprile, una stimolante riflessione sul tema “Carità e Tecnologia”. Binomio poco esplorato: da una parte la virtù teologale più alta, dall’altra la regola dominante della contemporaneità; su un versante la gratuità del dono di sé, sull’altro la gestione utilitaria della natura, del tempo, dello spazio, dell’economia, del lavoro, delle interazioni umane. Sembrerebbe un dialogo tra sordi: cos’hanno da dirsi, questi due ambiti dell’esperienza umana?
Eppure la domanda su come debbano dialogare e contaminarsi, carità e tecnologia, non si può eludere, nella nostra epoca. Lo sviluppo tecnologico, infatti, condiziona non soltanto la qualità, il senso della vita, le relazioni interpersonali di ogni individuo, ma anche questioni di sistema che strutturano le collettività. Il tumultuoso e incessante espandersi delle tecnologie digitali, in particolare, riconfigura concetto e pratica delle libertà personali, delle forme di partecipazione, della giustizia sociale: autorevoli intellettuali parlano di “ridimensionamento dello Stato” e “abolizione della politica” a favore di un governo degli affari pubblici pilotato dalle nuove tecnologie e dalle aziende globali che le controllano. Tutto ciò mette a repentaglio la democrazia. E comprime fatalmente il
welfare, e con esso diritti sociali e civili che anche la Chiesa, e in essa Caritas, reputano fondamentali e inviolabili.
A Lecco, un piccolo passo
Dobbiamo dunque arrenderci al catastrofismo? Ritenere che il progresso tecnologico riscriverà in peggio una storia di progresso umano cui anche Caritas, nell’ultimo mezzo secolo, ha dato il suo contributo? Non dobbiamo diffidare, in realtà, della tecnologia in sé. Ma degli scopi cui è asservita. Soprattutto, dobbiamo (ri)scoprire e valorizzare le enormi potenzialità che le tecnologie hanno, in termini di annullamento o accorciamento di distanze e diseguaglianze. A patto di non delegare tutto a esse: la loro applicazione ha sempre bisogno di un accompagnamento relazionale e sociale; la novità digitale di una presenza analogica che la spieghi, la adatti, la integri; click e app di essere avvolti in una parola, un sorriso, un abbraccio portati da un operatore, un volontario, un amico, un famigliare.
È uno sforzo che proprio noi, soggetti della solidarietà sociale, dobbiamo provare a fare, con maggiore coraggio e convinzione. A Lecco, in aprile, Caritas Ambrosiana ha sottoscritto un accordo con Direzione provinciale Inps e Comune (
vedi foto della firma), nel quadro del progetto nazionale “Inps in rete per l’inclusione” già applicato a Milano, al fine di facilitare il corretto accesso, anche per via telematica, delle persone povere e fragili alle prestazioni e ai servizi che spettano loro. Un piccolo ma convinto passo, e dovremo farne altri, per umanizzare la tecnologia, affinché essa aiuti a umanizzare il mondo.
Luciano Gualzetti
Direttore Caritas Ambrosiana
Leggi tutto l'inserto Farsi Prosimo sul Segno di Maggio 2025