Cos'è rimasto dell'uomo?
Darius, 16 anni, è stato ritrovato lo scorso lunedì sera, privo di sensi in un carrello della spesa, nel quartiere dei poeti a Pierrefitte-sur-Seine, nella periferia nord di Parigi. Secondo i testimoni, un gruppo di uomini incappucciati e armati di mazze, erano andati a prelevarlo poco prima nella bidonville dove abitava, ritenendo che fosse lui l’autore dell’ennesimo furto nella banlieu. Il ragazzo è in coma, con diverse frattura alla testa, e i medici non sanno ancora dire se si salverà.
L’episodio che ha indignato non solo in Francia è la cartina di tornasole di un imbarbarimento dei rapporti umani che purtroppo registriamo anche nelle nostre periferie, dove da anni siamo impegnati in un faticoso percorso di accompagnamento dei cittadini rom.
Niente può giustificare quell’atto. Né la miseria di un quartiere abbandonato a se sesso. Né i furti, la cui responsabilità è stata attribuita ai rom che vi si erano insediati.
La pretesa di un gruppo di cittadini di farsi giustizia da sé, oltre a far perdere significato alla parola “giustizia” ci risospinge indietro di secoli in uno stadio primitivo, brutale, dove alla violenza si risponde con la violenza, in un circuito senza fine, una concezione dello stato di diritto indegno della Francia e di qualsiasi altro paese civile.
Quando dei cittadini, per quanto esasperati, prendono in mano le spranghe e riducono in fine di vita una ragazzino, saltano tutti i punti di riferimento, torniamo all’anno zero di ogni possibile convivenza.
Di fronte all’orrore delle immagini di un cranio fracassato che nemmeno gli organi di informazione più cinici nel cavalcare l’odio hanno osato diffondere diventano insufficienti non solo le analisi, ma anche le parole di condanna.
Ogni misura è superata, ogni limite scavalcato. Pare perfino riduttivo derubricare il fatto ad episodio di razzismo, ad effetto collaterale di un campagna d’odio contro una minoranza.
Non rimane che fermarsi a chiedersi che cosa è rimasto dell’uomo.